GIOVANNI MALQUORI. Musicista di professione, diplomato in pianoforte e successivamente in musica jazz, fondatore della scuola di musica Officine Musicali del Borgo. “A vent’anni ho attraversato il Sahara dall’Algeria al golfo di Guinea con un piccolo Mehari della Citroën. Da allora ho sempre inseguito i grandi spazi alla ricerca dell’equilibrio tra la passione per la musica e quella per il mare. Nel 2005, con Papayaga, sono partito da Ponza per il mio giro del mondo, senza fretta. Un sogno in equilibrio col resto della vita, un giro del mondo a tappe, un’esperienza in antitesi col “mollo tutto e vado via”. Sono papà di tre splendidi ragazzi.”


MOTIVAZIONE DELLA GIURIA

“Avevo il sogno di arrivare in Polinesia con la mia barchetta e l’ho realizzato, tutto qui; ma questo mio sogno non ha tolto niente a nessuno, anzi, ha camminato in equilibrio con la vita di tutti i giorni, ha cresciuto i miei figli, ha dato energia al mio lavoro, è stato condiviso con gli amici…la vera impresa è stata rimanere un uomo normale”.

Così si chiude il libro di Giovanni Maiquori e con lo stesso tono minimalista, garbato, privo di ogni enfasi, talvolta autoironico, l’autore ha condotto il lettore in un’affascinante navigazione intorno al mondo facendogli condividere lunghe traversate, luoghi paradisiaci, incontri straordinari ma anche tempeste, rischi di assalti pirateschi e perfino un quasi naufragio per una collisione notturna con una petroliera.

È proprio il tono semplice, di una semplicità spontanea e non esibita, con cui sono raccontate queste avventure che dà fascino al libro, riuscendo a creare una forte empatia fra scrittore e lettore. Non è più nemmeno uno scrittore, è un amico simpatico ed estroverso che racconta la sua storia e nel renderla così realizzabile, a portata di mano, ce la fa vivere come se fossimo stati in barca insieme a lui. Credo che siano dovute in buona parte a questa simpatia che emana dalle pagine del libro le alte valutazioni che esso ha avuto dai giurati del Premio, imponendosi su opere più letterariamente ambiziose o di contenuto più impegnato.

Non vorrei però con queste parole dare l’impressione che il premio Marincovich, che si fregia dell’aggettivo “letterario” e si richiama alla cultura del mare, venga attribuito in base alla simpatia che lo scrittore suscita nei giurati. Sarebbe ingiusto e riduttivo sia nei confronti del premiato sia nei confronti dei giurati. Il libro di Malquori è scorrevole, di facile lettura, ha uno stile privo di artifici o ricercatezze letterarie ma in nessun modo lo si può definire banale o superficiale.

Ricorro, per spiegare il concetto, a una nota frase di un raffinato scrittore austriaco, Hugo von Hoffmanstal, che diceva: “La profondità va nascosta. Dove? In superficie”. Il libro di Malquori fa proprio questo: può sembrare il resoconto un po’ scanzonato di una vacanza e poi finisce per rivelare un’inattesa profondità. È tanto ben celata che non sempre il lettore ne ha piena consapevolezza: si abbandona al gusto della lettura, le pagine scorrono veloci fra un’avventura e l’altra e arriva alla fine contento di aver passato qualche ora piacevolmente.

Ma proprio allora, a libro chiuso, emerge il messaggio profondo e un pensiero, al tempo stesso stimolante e consolatorio, si insinua nella mente del lettore e comincia a lavorare: “se lui ha realizzato il suo sogno così semplicemente, quali motivi ho io per non cominciare a realizzare i miei?” Sotto un’apparenza innocua e leggera, “Il sogno sostenibile” è quindi un libro che riesce a cambiare il lettore, a renderlo migliore. Non fosse che per questo merita, oltre alla nostra gratitudine, anche il premio Marincovich.

Paolo Lodigiani